Caro X,
l’ultima volta non sono stato a questionare; ti vedevo così preso dagli argomenti che sostenevi che non me la sono sentita di metterci quel po’ di malinconia di cui, dopo alcune ore trascorse insieme, era condito il mio animo.
Ai miei tempi non c’era inflazione di ‘ideali’, erano sempre pronti lì, all’uso. Oggi vedo che i giovani fanno così fatica a costruirsene anche uno solo, che quando glielo vedo non ho l'animo di fare il vecchio saggio…
Me ne sono tornato a casa un tantino mesto. Ti scrivo adesso quello che avevo in bocca. Di recente alcuni parrocchiani mi attendevano dopo la Messa sul sagrato; non viene più in sacrestia nessuno da quando, senza dire nulla, prima e dopo la Messa mi sono di nuovo deciso a dire le preghiere previste un tempo. Ci sono stati alcuni mal di pancia, ma alla fine l’hanno accettato. Pare che ne sia derivato anche un maggior silenzio in chiesa; me ne ha parlato X; in maniera sorniona, come sai che fa lui. Non gli ho risposto nulla e alla fine secondo me gli è rimasto un punto interrogativo.
E’ che, con gli anni, ho imparato a mordermi la lingua. Ti ricordi di quel giorno in cui ti raccontai delle distrazioni mentre si dice il breviario; beh, tanti anni fa sono andato a confessarmene, mi aspettavo chissà che cosa (e, proprio lì, si annidava la vera fragilità, ma io: muto come un pesce). Dunque, quello mi ascolta e tace, io ci ritorno su, perché mi rode che non mi si dica proprio niente e lui nulla. Ho vinto lo scoraggiamento e sono andato avanti. Sennonché, dopo avermi dato l’assoluzione, mentre ero lì in attesa del suo solito e cordiale saluto di cortesia, di nuovo sta in silenzio e poi mi dice: tutte le immagini passano. E mi ha salutato.
Ci sono rimasto come un allocco.
L’osso mi sembrava secco, secco, ma alla fine avevo imparato che i consigli servono poco, ristorano solo la superficie dell’anima; quest’uomo nel suo silenzio era riuscito ad avvicinarsi abbastanza a me da capirmi e mi aveva trasmesso, a temperatura sentimentale zero, il suo tormento che non era nelle immagini (delle fantasie), ma nel loro trascorrere inevitabile e a conti fatti, guardando con il senno di poi, in quegli anni era proprio ciò che mi tormentava, così a fondo che non riuscivo neppure a rendermene conto.
Cerco di riprendere il filo. Ti volevo raccontare del sagrato. Eravamo cinque o sei; non sembrava che partisse un gran discorso, ma a un certo punto uno dei presenti ha buttato lì: a forza di, com’è che li chiamano? Motu proprio, si cambia questo, si toglie quello, s’impedisce quell’altro e vedrai che alla fine si tira una riga anche su Gesù Cristo, tanto che bisogno c’è? Abbiamo il papa.
Poteva sembrare una smargiassata riportata da chissà dove, ma ho capito subito che non era così e, come mi hai preso in giro tu una volta, ho abbassato le orecchie e ho cercato di capire.
Chi ha detto quella frase è un uomo normale: buon lavoro, bella casa, ottima famiglia ecc. La sua anima è come l’acqua di un lago tranquillo e Dio è sempre lì a fargli lambire la riva. Non ci sono mai tempeste, ma forse è proprio quello il suo peccato. Non fa nulla per essere consapevole della Fede che lo sostiene.
Ero sempre più attento e, nella risata che stava vendo su da tutti, mi sono accorto che in lui –che pure rideva- c’era come una leggerissima increspatura. Penso che avesse avuto bisogno di buttar fuori quelle parole, l’anima stava rigurgitando qualcosa di estraneo per lui, una specie di turbamento che lo aveva investito da quella parte, la chiesa, da cui mai se lo sarebbe aspettato. Impreparato come tutti di fronte alle enormità che ci piombano addosso.
Sai che sono di quelli che pensano che l’anima sia troppo delicata perché possa essere, non dico toccata, ma anche solo sfiorata con un dito e noi preti (e sarebbe questo il nostro mestiere) in questi decenni siamo tra quelli che più ne hanno perso la mano, Così lui è rimasto solo, con un turbamento che non riesce a comprendere e spero che non gli marcisca dentro. Gli sarebbe di danno, una perdita.
Mi sono dilungato, ho un po’ freddo e il breviario quasi mi guarda male; devo fermarmi qui.
ciao
Don Aldo