Caro X,
il buon gusto è la capacità di reagire all'esagerazioni, ecco perché non ho battuto ciglio quando, sconcertato, mi sono astenuto dal commentare l’ennesimo documento papale sulla liturgia antica in cui si sconfessa quello che è stato proclamato, in barba alla sofferenza di molti, qualche mese addietro.
Cosa vuoi, ormai siamo calati in una realtà sempre più simile alla favola di Biancaneve, dove la regina cattiva, ogni sera interroga lo specchio: dimmi specchio delle mie brame, chi è il più potente di questo reame?
L’unica certezza è che è inferta umiliazione a tutti, amici e nemici.
Dobbiamo passare vicino a questa chiesa come se passassimo accanto al bosco delle Eumenidi, consapevoli che è immersa, si è immersa, in una segreta terribilità e noi dobbiamo essere come un vaso di silenzio timoroso.
Virgilio racconta che Enea fu preso da un infandus dolor allorché gli venne chiesto di rievocare la distruzione della sua città; ecco perché, lì per lì, ho posto come una recinto di silenzio davanti al tuo sguardo interrogativo.
Non ho ricette per questo vuoto spirituale in cui la chiesa si è adagiata (o ha ricercato?); guardo con affetto e pena i tuoi sforzi, il tuo impegno, e in questa fraternità (totalmente estranea dall’ideologia vacua dei fratelli tutti) vivo questi miei ultimi anni, dolorosamente.
Vorrei trattenere il cuore proprio qui, e le mani, finché cadranno, come direbbe ancora il nostro amato Virgilio…
Certo tu m’incalzi: … e intanto la Fede si va sciupando.
Sai, una delle qualità umane rese divine durante la crocifissione è l’arrendevolezza. A noi, così avvoltolati nel nostro io, fa paura. In questo essere arrendevole del Signore, però, c’è un preciso farmaco per le nostre ansie, per le nostre parti oscure; è l’invito a lasciarle in sospeso … per andare incontro a Dio.
E’ per questa ragione che la morte di Cristo è persuasiva.
Dobbiamo combattere la tentazione di scambiare la Provvidenza di Dio con la (nostra) volontà di potenza che giustifichiamo con la necessità di riparare (!!!) la sconfitta di Cristo in croce.
Tu sai, però, che questa sconfitta apre lo spiraglio su una libertà incondizionata non fondata sul potere, sul denaro, sulla gloria, ma sulla libertà di offrire la propria inermità, la propria vita.
E’ la disponibilità a essere distesi su una croce che ci rende discepoli di Cristo perché Lui, il Verbum, non era un insieme di idee/parole, Lui ha scritto con la vita, cioè con il corpo vivo e vivente.
Poi, dobbiamo ricordarcene, la nostra è una vita in debito, perché il suo contrappunto sono le assenze e la penuria e ciò ci rende apprensivi.
Siamo in un’epoca turbinosa di uomini e cose, nulla sarebbe più salutare che potersi appartare e riflettere, ma il mondo difficilmente lo concede; e questo aumenta l’irrequietezza.
Tutto questo deve esser affrontato con coraggio, consapevoli che Gesù non è venuto a liberarci dall’inquietudine, ma dall’orgoglio.
Amico mio, so di poter contare su un posticino nella tua anima, sappi che tu ne tieni uno privilegiato nella mia.
tuo
Don Aldo